Perché il COVID-19 toglie un po’ di gusto (e olfatto) alla vita?

Sara Formichetti
5 min readJul 13, 2022

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(source: Pinterest)

Da bambini — forse alle elementari — ci insegnano che le papille gustative riconoscono amaro, acido, salato, dolce. Però avrete fatto caso che quando assaporiamo una pizza o un risotto o una bistecca fiorentina percepiamo molto più della semplice somma di queste 4 qualità gustative. In effetti, per un gusto completo è fondamentale il funzionamento corretto di un epitelio (cioè lo strato di cellule che si trova sulla superficie di un organo es. la pelle è un epitelio) che si trova all’apice delle nostre cavità nasali: l’epitelio olfattivo. Ultimamente si parla di olfatto più del solito, complice un sintomo molto particolare che moltissimi di noi affetti da COVID-19 stanno sperimentando: la perdita completa dell’olfatto (chiamata anosmia) e con essa la perdita quasi completa del gusto.

“Sarà per il naso chiuso!”

Invece no, nella maggior parte dei casi non è come in un normale raffreddore. Per capire a cosa sia dovuto, bisogna parlare di questo specialissimo epitelio nasale. Esso si compone di diversi tipi di cellule, ognuno con una propria funzione. Tra queste, quelle che ci servono per capire l’anosmia legata al COVID-19 sono due: i neuroni olfattivi, cioè le cellule responsabili di captare le molecole odorifere e innescare il segnale che arriva al cervello, e le cellule di sostegno, che si trovano intorno a questi neuroni e servono — come dice il loro nome — a sostenerli metabolicamente, ma senza partecipare al riconoscimento degli odori.

Il fatto che conosciamo l’anatomia di questo epitelio non significa che ne abbiamo compreso a pieno il funzionamento.

Infatti, l’olfatto è una di quelle cose in biologia che presenta ancora dei grossi misteri da risolvere.

Per capire il mistero, pensate solamente a quanti variegatissimi odori sappiamo distinguere. Per questo dobbiamo ringraziare i recettori olfattivi, cioè quelle proteine che si trovano sulla superficie dei neuroni olfattivi e ognuna delle quali riconosce una diversa molecola odorifera. Ebbene, per poter riconoscere tanti odori diversi i tipi diversi di recettori olfattivi sono circa 400, ognuno “scritto” in un diverso gene del nostro DNA. Eccoci arrivati al mistero: ogni neurone olfattivo mostra sulla sua superficie uno e un solo tipo di recettore olfattivo e nessuno degli altri. Ricordiamoci che tutti i neuroni olfattivi hanno lo stesso DNA, contenente tutti e 400 i geni per i recettori.

Come fa ogni neurone a “scegliere” il suo recettore ed evitare che — una volta fatta questa scelta — i geni degli altri recettori restino per lui “spenti”?

A questa domanda estremamente affascinante stanno cercando di rispondere diversi laboratori di biologia molecolare, tra cui (guarda il caso!) il mio laboratorio a EMBL, il centro di ricerca in cui lavoro. E’ un progetto che rientra in quella che chiamiamo “ricerca di base”, ma che, come spesso accade, si rivela fondamentale per capire una patologia, in questo caso l’anosmia da COVID-19.

Ebbene, dopo aver spiegato quello che (non) sappiamo sull’epitelio olfattivo, veniamo all’anosmia. Cosa si sa del meccanismo? Niente di certo. Ma un articolo uscito lo scorso Marzo 2022 sulla rivista scientifica Cell [1] inizia a fare luce. In questo articolo i ricercatori studiano l’epitelio olfattivo sia da autopsie di pazienti COVID-19 sia da criceti. Un modello animale è infatti purtroppo ancora indispensabile per poter studiare l’epitelio olfattivo a diversi intervalli di tempo dopo aver indotto l’infezione da SARS-CoV-2, esperimento non certo possibile con le autopsie umane. Ma perché i criceti? Perché la loro risposta patologica e immunitaria al COVID-19 sembra essere piuttosto simile a quella dell’uomo. Veniamo ai risultati. Sia nel criceto che nell’uomo, i ricercatori osservano gli stessi due fenomeni:

  1. Le cellule infettate dal virus sono principalmente le cellule di supporto ai neuroni olfattivi. Il virus non entra invece quasi affatto nei neuroni stessi, anche perché questi non presentano sulla loro superficie la proteina ACE2, colei che viene riconosciuta dalla “spike” di SARS-CoV-2 per far sì che il virus entri nelle nostre cellule*.

*questo era gia’ noto dal 2020 [2]

2. I neuroni, sebbene non siano direttamente infettati, iniziano a produrre sempre meno molecole necessarie a trasmettere il segnale olfattivo, tra cui i recettori olfattivi — di conseguenza mostrano sempre meno recettori olfattivi sulla loro superficie — di conseguenza diventano incapaci di captare l’odore che hanno “scelto”. Questo fenomeno continua anche quando il virus è stato eliminato e le cellule di sostegno si sono rigenerate (osservazione possibile grazie agli esperimenti nei criceti).

Insieme a questa minore produzione di recettori olfattivi, i ricercatori osservano un comportamento peculiare del DNA di questi neuroni. Sappiamo che le proteine — in questo caso i recettori olfattivi — vengono prodotte a partire da geni che si trovano nel nostro DNA. Il DNA a sua volta si trova nel nucleo. Dobbiamo immaginarci il DNA come un libro scritto su una stessa riga (o poche righe) senza (quasi) mai andare a capo, un libro di 3 miliardi di lettere. Nel caso del DNA, le lettere non sono quelle dell’alfabeto ma sono molecole, poco importa quali ai fini di quest’articolo. Quello che importa ora è che se questo libro-DNA dovessimo stenderlo, sarebbe lungo circa 2 metri. Non sto scherzando! Invece, entra in un volume piccolissimo (1 millesimo di millimetro) che è il nucleo delle nostre cellule, perciò deve trovare il modo di compattarsi tantissimo. Questo compattamento non è casuale, ma ha forme diverse in ogni tipo diverso di cellula (è cioè diverso tra una cellula del fegato e una della retina, ad esempio), per aiutare il funzionamento dei geni che servono specificamente a quella cellula. Nel caso dei neuroni olfattivi, tutti i geni per i recettori olfattivi (abbiamo detto 400) si trovano compattati vicini nel nucleo. In seguito a COVID-19, questa vicinanza si perde!

Cosa possiamo dedurre da ciò? Che l’ambiente infettato circostante manda un qualche segnale ai neuroni (non infetti) che ne induce un profondo malfunzionamento, che arriva fino alla molecola di DNA. Quale sia questo segnale è la domanda a cui rispondere nei prossimi studi. Altro irrisolto mistero è come questo segnale porti alla minore produzione di recettori olfattivi. Sebbene lasci molte domande ancora aperte, questo studio formula però una nuova ipotesi per spiegare il perché in alcuni pazienti COVID l’anosmia sia cosi duratura (fino a 6 mesi — 1 anno [3]). L’ipotesi è che la perdita del corretto compattamento del DNA possa essere irreversibile, dato che viene acquisito dai neuroni olfattivi durante la loro formazione [4]. Se questo fosse davvero il caso, per avere un nuovo neurone correttamente funzionante bisogna aspettare che se ne formi uno nuovo. La rigenerazione dei neuroni, tuttavia, a differenza di quella delle cellule di supporto, ha tempi più lunghi, di settimane o mesi.

Per ora questa è solo una speculazione. Il dato ben supportato è che, se state sperimentando anosmia, probabilmente i vostri neuroni olfattivi — seppur integri — non hanno quello che serve per captare gli odori che vi circondano. Probabilmente questo non vi aiuta oggi, ma può farvi sorridere domani, quando improvvisamente, una dopo l’altra , le piantine aromatiche sul vostro terrazzo riacquisteranno una loro identità al vostro naso.

L’articolo è scritto da Sara Formichetti , dottoranda in Biologia Molecolare.

Fonti:

[1] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0092867422001350#bib65

[2] https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.abc5801

[3] https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/acn3.51350 and many others

[4] https://www.cell.com/cell/fulltext/S0092-8674(12)01286-X?_returnURL=https%3A%2F%2Flinkinghub.elsevier.com%2Fretrieve%2Fpii%2FS009286741201286X%3Fshowall%3Dtrue

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Sara Formichetti

Former PhD student in Boulard Lab @ EMBL Rome, soon PostDoc in Gregor Lab @ Institut Pasteur. Plus singer — and I do love music as much as studying the genome.